Vernice fresca a Damasco


di Lorenzo Trombetta

(pubblicato su Conquiste del Lavoro nell’autunno 2000)

DAMASCO – Il 10 giugno scorso, dopo trent’anni di presidenza, muore il leader storico della Siria moderna Hafiz al-Asad lasciando il paese nelle mani del figlio trentaquattrenne Bashar.

Com’era prevedibile, la scomparsa di uno dei più longevi ru’asà (pl. di ra’is) del mondo arabo (al-Qaddafi è al potere dal 1969) ha suscitato grande apprensione tra gli osservatori arabi ed occidentali sollevando numerosi interrogativi: quali saranno le prossime scelte politiche, strategiche ed economiche di Damasco? E quali ripercussioni si avranno sui delicati equilibri della regione?

Al di là di ogni possibile previsione, in molti si chiedono se in un prossimo futuro vi saranno volontà e capacità concrete di cambiamento nella Siria del giovane al-Asad.

Copia cartacea del reportage da Damasco pubblicato nell’autunno del 2000

Trascorsi i quaranta giorni di lutto e dopo i primi cento dall’insediamento del nuovo presidente, è tempo, adesso, per sentire quale aria si respira in queste settimane a Damasco.

Hafiz al-Asad, dall’alto della sua posizione, capeggia ancora, gigante, nell’androne dell’aeroporto internazionale di Damasco. E solo una fascia nera di lutto ne indica la scomparsa. 

Come da anni accade, anche l’immagine del figlio Bashar lo affianca in ogni sua po-

sa. Nulla sembra cambiato, persino lo sguardo del padre vigila ancora sul giovane rais. Poco dopo, però, in coda per sbrigare le formalità doganali, ecco apparire un primo segnale di cambiamento: il controllo dei passaporti, che solo qualche mese fa passava per fatiscenti box e per consunti registri cartacei, adesso, è in parte informatizzato e moderni computer lavorano in nuovissime cabine dal colore azzurro, decorate con fantasie ispirate all’arte omayyade.

Vernice nuova, nuove immagini

Giunti in città non sfuggono i notevoli ritocchi estetici. Per le vie commerciali, infatti, si notano le facciate di numerosi edifici pubblici tinteggiate di fresco. Curiosando nella città vecchia, si incontrano interi vicoli completamente imbiancati. Lo stesso è avvenuto in molte case private come nei più svariati esercizi pubblici: pasticceri, parrucchieri, cartolai e persino fruttivendoli hanno rinnovato il proprio locale.

Ma a cosa è dovuta una così repentina e generalizzata esigenza di ‘nuovo”?

Soltanto pochi visionari ipotizzano che ciò sia legato al passaggio di consegne lassù a Palazzo ma è altro quel che davvero colpisce: se fino a ieri le immagini del vecchio rais figuravano in ogni dove, anche nei luoghi privati (negozi, abitazioni, automobili, ecc.), oggi appaiono assai ridotte. 

Nel ridipingere le pareti, infatti, molte foto sono state tolte, staccate o addirittura strappate (sono ancora evidenti le tracce) e, a vernice ormai asciutta, l’icona è rimasta dimenticata nel cassetto. Fare ciò solo qualche tempo fa, sarebbe stato a dir

poco rischioso: qualcosa pare davvero cambiato!

Le immagini del figlio sono comparse numerose nelle vie e nei servizi pubblici in tutta la loro novità: il volto giovane s’accosta di certo meglio alle rinnovate tinte della città.

Le tre vie della ‘propaganda del cambiamento’

“Cambiamento”, “innovazione”, “riforma”, “progresso”, “futuro”: sono questi i termini che compaiono in calce proprio alle immagini di Bashar, promossi a parole d’ordine del momento con cui farcire ogni discorso ufficiale.

Il figlio al-Asad, giovane e (ancora) senza macchia, è diventato il simbolo vivente della modernizzazione che dovrebbe traghettare la Siria verso nuovi orizzonti di emancipazione e di sviluppo(1). Una scintillante giostra mediatica sembra esser stata ideata proprio per diffondere quest’immagine.

L’attuale propaganda del progresso in Siria si fonda su tre principali temi: progresso tecnologico, progresso economico, progresso morale

1) Il progresso tecnologico. Si parla di informatizzazione del Paese? Ecco allora pronti i progetti d’apertura di una nuova ‘Facoltà di Scienze Informatiche’ alle università di Damasco e Aleppo (2). Ed ecco, presentate, al famoso centro espositivo della capitale numerose fiere sulle più moderne tecniche di comunicazione (DamasMedia nel maggio scorso) o le nuove tecnologie industriali al servizio del paese (InterTech 2000 e SyrianFood 2000 entrambe tuttora in corso). 

Nella stessa direzione vanno poi l’annuncio di un imminente ampliamento della rete nazionale di telefonia mobile (inaugurata nel 1998) e la promessa che anche il

web sarà presto disponibile ad una larga fetta di utenti (3).

2) Il progresso economico. La strada che conduce al “benessere del terzo millennio” sembra passare anche attraverso una riforma del sistema economico: entro la fine dell’anno i mercati siriani saranno parzialmente aperti agli investimenti esteri. I politici, illustrando i numerosi benefici che questa manovra arrecherà al paese, annunciano al cittadino siriano che, a breve tempo, non sarà più costretto a recarsi, tra mille peripezie, fino a Beirut per aprire un conto in banca ed usufruire di una luccicante carta di credito. Oppure che, finalmente, potrà scegliere di usare i propri risparmi in fondi d’investimento privati. E che, forse, la vecchia automobile del ’82, acquistata dall’ultima grande partita proveniente dall’estero, potrà esser sostituita con una nuova, e a prezzi ragionevoli.

3) Il progresso morale. Anche la questione siriana di ‘mani pulite’ va, infine, inquadrata nello stesso contesto mediatico. Al di là dei dubbi se tale crociata moralizzatrice sia stata scatenata per un reale bisogno di trasparenza (in molti, all’estero, suggeriscono, che si sia trattato di una manovra politica per eliminare i nemici al giovane Bashar) è di certo rilevante il risalto con cui gli organi d’informazione hanno preso a trattare la vicenda; in alcuni casi, destano addirittura stupore i toni forti con cui vengono apostrofati quei politici caduti in disgrazia che fino a ieri erano osannati come benefattori. 

E’ il caso, ad esempio, dell’ex primo ministro al-Zubi: dopo tredici anni di governo, accusato nel maggio scorso di essersi arricchito a spese dei contribuenti, è stato anch’egli coinvolto e spazzato via dal ciclone ‘mani pulite’ (4). 

I titoloni apparsi sui quotidiani richiamavano direttamente le dichiarazioni rilasciate qualche mese prima dallo stesso Bashar, ancora quando quest’ultimo non ricopriva alcun ruolo politico ufficiale: “(…) nel corpo dello Stato si tratta di sostituire quegli elementi guasti e malati con delle membra giovani e sane (…)” (5). Con una mentalità politica più sana, senza più rashawàt (bustarelle) e wastàt (raccomandazioni) il futuro del paese dovrebbe esser più sereno…

Ma oltre la tinta…

Da quel che fin qui appare, quindi, una vera ventata d’aria fresca sembra stia soffiando su tutto il paese. Ma cosa, in realtà, potrà cambiare nel prossimo futuro? Questa prima mano di vernice sarà forse l’inizio di una più profonda opera di riforma o si tratta, invece, di una semplice imbiancata su antiche crepe e vecchie macchie d’unto?

Di certo, sono in molti ad osservare che anche nel caso in cui si raggiungano quei ‘sospirati’ traguardi economici ciò non potrà recare al paese benefici reali e duraturi, anzi, c’è chi teme, memore delle più recenti esperienze occidentali, che proseguendo in questa direzione si finisca per creare forti disuguaglianze nel paese, svelando quelle tensioni che da tempo giacciono sotto l’intonaco.

Inoltre, se di vera modernizzazione tecnologica si tratterà, quanti siriani avranno la reale possibilità e la capacità di sedersi di fronte al computer e di avventurarsi nella ‘Rete’ se il 30% della popolazione è ancora analfabeta? Quanti potranno pensare all’ultimo modello di portatile se un siriano su cinque deve ancora pensare al pane quotidiano? (6).

Per quanto riguarda, infine, la lotta alla corruzione, sappiamo quanto sia facile parlare di ‘rivoluzioni bianche’, di ‘morale rinnovata’ e quanta pazienza e quanto tempo, invece, occorrano per modificare un malcostume sociale così diffuso e radicato…In questo la Siria non è certo un’eccezione.

…i pensieri sottovoce dei siriani

Cogliendo le confidenze fra la gente comune, specie gli anziani sono convinti, di fondo, che nulla cambierà ed in molti confessano di essere certi di trovarsi dinnanzi alle solite false promesse, ai soliti proclami, ai soliti “si farà”, ai “sarà” ai “presto avrete…”. Sono consci che nessun nuovo presidente, per quanto giovane e dalle buone intenzioni, potrà cambiare lo stato di cose in poco tempo. 

Un misto di saggezza e rassegnazione, ma anche di profonda inquietudine per il futuro si coglie nelle loro parole. I moltissimi giovani, dal canto loro, seguono corsi d’informatica e s’iscrivono in quelle facoltà che più di altre sembrano proiettarli verso un futuro tecnologico; ma se in apparenza credono al nuovo vangelo della modernizzazione, in realtà ammettono di non essersi mai illusi: in questo stato di cose essi ci sono nati e cresciuti e dichiarano senza imbarazzo di non poter immaginare il proprio avvenire nella Siria attuale; una laurea in ingegneria, un diploma in inglese, assieme ad una giusta ‘spinta’ in qualche ambasciata occidentale ed una ragguardevole somma di danaro, costituiscono ancora il miglior passaporto per andarsene via, all’estero.

Dunque…

La Siria di Bashar al-Asad sta attraversando, senza dubbio, un periodo assai delicato. Una preoccupante crisi economica affligge il paese: per la seconda estate consecutiva la carenza d’acqua ha creato seri problemi alle coltivazioni ed ai cittadini; entro il 2007 le riserve di petrolio e di gas si esauriranno (7); l’agricoltura, vera base dell’economia del paese, è basata da più di vent’anni sull’assistenzialismo della cosiddetta “economia di guerra” ed una nuova riforma agraria diventa sempre più urgente; la crisi petrolifera dei paesi del Golfo rischia di rispedire a casa moltissimi siriani che vi lavorano, facendo così mancare alla Siria un importante fonte di guadagno: le preziose rimesse dei suoi emigranti.

Su tutto ciò incombono le pesanti incognite legate al processo di ‘normalizzazione’ con lo Stato d’Israele. Da una parte, un ipotetico accordo con lo Stato ebraico potrebbe risolvere alcuni nodi cruciali della regione, come la questione delle acque dell’Eufrate, direttamente legata ai rapporti con la Turchia, principale alleata di Tel-Aviv. Il contenzioso per le alture del Golan e, più in generale, i rapporti con Israele e Stati Uniti sono alla base di possibili accordi economici che potrebbero facilitare la riapertura dei mercati siriani con l’estero. 

Dall’altra parte, un eventuale accordo con Israele aprirebbe una stagione di grandi incertezze. Su tutte, quella di un ridimensionamento delle spese militari. Con le tensioni che ciò potrebbe creare all’interno del sistema di potere: in caso di accordi, la nutrita casta di militari siriani, abituata per anni alle vacche grasse dello “stato di guerra permanente”, che ruolo finirebbe per avere in tale contesto? E chi, tra i generali che ancora oggi comandano in Siria, avrebbe il reale interesse, firmando la ‘pace’, a sottoscrivere la perdita del proprio potere e privilegio?

Nubi cupe e minacciose si addensano all’orizzonte siriano, allontanando qualsiasi rosea previsione di benessere e sviluppo. La ‘propaganda del cambiamento’, in questo delicato momento forse necessaria al governo, non sembra convincere molto né gli osservatori stranieri né, tanto meno, il popolo siriano. 

Quest’ultimo,consapevole che un processo di riforma non sarà certo immediato né indolore, guarda oggi al suo nuovo e giovane ra’is. E Bashar al-Asad sarà in grado di guardare davvero al suo popolo?

NOTE

1) Già nel lontano 1995, si ricorderà, dal padre vennero affidati a Bashar importanti dossier in vista della successione: l’eliminazione politica dello zio Rif‘at, la cura degli interessi siriani in Libano, la lotta alla corruzione e la guida del processo

di informatizzazione del paese.

2) ‘Alamuna (Il nostro mondo), settembre 2000, p.19, Beirut.

3) Fino a qualche mese fa Internet era accessibile, con molte restrizioni, solo da alcuni enti governativi e da qualche compagnia privata controllata mentre da poco due internet-cafè hanno aperto a Damasco.

4) Il 22 maggio scorso, dopo qualche ora dalla diffusione delle accuse, il corpo senza

vita dell’ex primo ministro viene rinvenuto nella sua residenza a Damasco; la versione ufficiale è il suicidio. Qualche giorno più tardi anche l’ex ministro dell’economia, Salim Yasin, quello dei trasporti Mufid Abd al-Karim ed il deputato Muhammad Haidar vengono arrestati ed accusati di ‘corruzione ai danni dello Stato’.

5) Intervista apparsa il 4 febbraio scorso sul quotidiano libanese al-Kifah al-‘Arabi

(La lotta araba), Beirut. 

6) Voce “Syrie” in: État du Monde, Annuaire économique et géopolitique mondiale, Découverte, Paris, 1999.

7) BP Statistical Review of World Energy, 1999.

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