Bashar al-Asad, una parabola

Bashar al-Asad e sua moglie Asma al-Akhras in una foto pubblicata ai primi anni 2000

(di Lorenzo Trombetta) (ANSA) – ROMA, 06 DIC – Ci sono decenni in cui nulla accade e ci sono settimane in cui accade tutto: questa frase, attribuita a Lenin, deve essere risuonata molto spesso in questi ultimi convulsi giorni nella testa di Bashar al Assad, presidente della Siria da un quarto di secolo, ma che ora, sotto i colpi della sorprendente offensiva anti-governativa, appare solo, senza il sostegno né dell’Iran né della Russia, a fare i conti con la storia.

La sua storia comincia a metà degli anni ’60, come secondogenito dell’allora astro nascente della politica mediorientale: suo padre Hafez, esponente dell’emergente classe militare alawita – branca dello sciismo – prenderà il potere poco dopo, nel novembre del 1970, dando il via a una vera e propria epoca che in queste ore sembra però avviarsi ai titoli di coda.

Esattamente trent’anni fa, nel 1994, l’allora 28enne Bashar fu costretto, suo malgrado, a entrare in politica: la scomparsa improvvisa del fratello maggiore Bassel, morto in un oscuro incidente stradale, costrinse il padre Hafez a cambiare i piani di successione.

Assad jr dovette così abbandonare gli studi e la bella vita che conduceva a Londra per cominciare in patria la scalata ai vertici militari, precondizione per salire rapidamente i gradini del potere assoluto nella Siria dominata dal partito unico Baath.

Con la morte, nel giugno 2000, del ‘raìs eterno’ Hafez al Assad, era così già tutto pronto per l’ascesa al potere dell’appena 34enne Bashar: la costituzione, che prevedeva l’età minima di 40 anni per il capo di Stato, fu emendata in pochi minuti con un voto parlamentare scontato, per consentire ad Assad jr di giurare fedeltà alla stessa costituzione.

Foto apparsa a Damasco nei primi anni 2000: Bashar al-Asad con sua moglie Asma al-Akhras

Il neopresidente fu subito chiamato a una serie di sfide impegnative. Alle sempre più insistenti richieste di attivisti e oppositori di riforme politiche, Bashar rispose prima con timide aperture, poi con una dilagante campagna di arresti. Il ritiro israeliano dal sud del Libano (maggio 2000) e l’invasione anglo-americana dell’Iraq (2003) furono altri due banchi di prova per un raìs che volle giocare da protagonista senza avere però – secondo molti osservatori – il grado di esperienza politica del padre.

La rivolta dei curdi nel nord-est nel marzo del 2004 e la rottura con Francia e Stati Uniti sulla gestione del vicino Libano nell’autunno dello stesso anno spinsero Bashar sempre più nelle braccia dell’Iran. Il ritiro delle truppe siriane dal Libano nel 2005 e la successiva guerra tra Hezbollah e Israele nel 2006 approfondirono le trincee tra il fronte filo-occidentale e quello filo-iraniano, del quale il raìs di Damasco era ormai un perno imprescindibile.

Le proteste scoppiate in tutto il mondo arabo, dal Marocco all’Oman, tra il 2010 e il 2011 raggiunsero anche la Siria. Le forze governative non esitarono a rispondere con violenza, innescando la reazione armata delle comunità sempre più in rivolta.

Nel contesto di una devastante guerra civile ancora in corso, il sostegno decisivo dell’Iran, del suo alleato Hezbollah e della Russia, intervenuta militarmente in Siria nel 2015, è riuscito a puntellare il potere di Assad, colpito da sanzioni occidentali ed europee, ma che negli ultimi anni stava gradualmente uscendo dall’isolamento internazionale.

L’offensiva degli insorti filo-turchi scattata il 27 novembre, associata all’indebolimento senza precedenti di russi e iraniani in Siria, ha accelerato le lancette del tempo. Che appare ora improvvisamente scaduto per il raìs di Damasco. (ANSA).

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