La parabola personale e politica di Hasan Nasrallah, il leader di Hezbollah che l’Idf rivendica aver ucciso nel bombardamento di ieri su Beirut, è stata quasi sin dall’inizio della sua movimentata esistenza segnata dalla necessità di resistere con le armi alla presenza violenta di Israele in Libano e nella regione: tanto da farlo diventare, col passare del tempo, l’unica figura apicale dello sciismo arabo a potersi confrontare alla pari con Ali Khamenei, l’incontrastato leader iraniano.
L’indiscussa autorità di Nasrallah è derivata, prima di tutto, dalla sua appartenenza di sangue alla casta nobile dello sciismo: i sadat, i discendenti del profeta. Il suo turbante nero è infatti quello delle famiglie che si dicono legate direttamente a Maometto. In quanto sayyid (pl. sadat), le sue parole e azioni sono per definizione corrette, tenute in altissima considerazione da parte di seguaci e combattenti.
Costretto da almeno vent’anni alla più totale clandestinità, Hasan Nasrallah nasce nel 1960 in un campo profughi alla periferia di Beirut. Suo padre, emigrato dal poverissimo sud del Libano, aveva un banco di frutta nella favela di Burj Hammud. Nono di dieci figli, Nasrallah è costretto all’età di 15 anni a lasciare Beirut per lo scoppio della guerra civile libanese (1975-90).
Nel porto meridionale di Tiro, dove la famiglia si era rifugiata, aderisce al neonato movimento Amal, prima entità politica intenzionata a promuovere i diritti della emarginata comunità sciita libanese.
Nel 1978 Israele comincia la prima invasione del Libano. Consapevole della responsabilità, il giovane Nasrallah frequenta i più importanti centri dello sciismo religioso e politico regionale: prima a Najaf, città santa in Iraq, e poi a Qom, altra città santa sciita in Iran.
Dopo esser stato espulso dall’Iraq di Saddam Hussein e una breve parentesi in Libano, Nasrallah si trova a Qom quando Israele invade massicciamente il sud del Libano nel 1982, raggiungendo Beirut.
L’Iran rivoluzionario di Ruhollah Khomeini accoglie Nasrallah e altri futuri leader sciiti libanesi. Tornato da Qom, Nasrallah riceve un incarico politico di rilievo, come esponente della sezione di Amal nella valle della Bekaa.
Ma sono gli anni in cui una costola del movimento si stacca per formare, col decisivo sostegno dei pasdaran iraniani, quello che poi diventerà il Partito di Dio, Hezbollah, votato a una resistenza islamica contro Israele.
I turbolenti anni ’80 giungono al termine quando Nasrallah, rientrato da un nuovo viaggio in Iran, appena 32enne si trova ad assumere nel 1992 l’incarico di guidare Hezbollah. E di raccogliere la pesante autorità del suo predecessore, Abbas al Musawi, ucciso da Israele in quello stesso anno.
Da allora la parabola politica è ascendente e costellata di successi locali e regionali: il ritiro militare israeliano del 2000, la vittoria politica con la guerra del 2006, il dominio imposto in Libano dopo gli scontri del 2008, l’intervento in Siria dal 2012.
Fino all’8 ottobre scorso, quando Nasrallah in persona annuncia la decisione di Hezbollah e di tutto l’Asse della Resistenza di appoggiare Hamas a Gaza. “La battaglia potrà durare ancora a lungo, ma vinceremo”, aveva detto Nasrallah alla fine del suo ultimo discorso televisivo, il 19 settembre scorso.
Se la sua morte dovesse essere confermata ci si interroga su chi potrà prendere il suo posto, non soltanto come leader di Hezbollah, ma come unico leader della regione capace di tenere alzato il dito della resistenza contro Israele.
[aggiornamento e rielaborazione di un articolo scritto per l’Ansa la sera del 27 settembre 2024]