(di Lorenzo Trombetta) (ANSA) – ROMA, 07 DIC – Ore fatali circondano il destino politico della Siria, travolta da una guerra mondiale in corso sul suo territorio da quasi 14 anni, e che si appresta a scrivere una nuova pagina al libro della sua storia millenaria: il presidente Bashar al Assad, da un quarto di secolo al potere dopo averlo ereditato dal padre Hafez per trent’anni ai vertici del regime, è da più parti indicato come un raìs in fuga mentre gli insorti dal sud e dal nord del Paese sono già alle porte di Damasco.
Dopo una clamorosa e inaspettata marcia trionfale, cominciata solo dieci giorni fa dalla remota regione nord-occidentale di Idlib al confine con la Turchia, che ha travolto roccaforti governative, russe e iraniane come Aleppo e Hama. Sulla sorte del raìs, intanto, si riconcorrono le indiscrezioni che lo vedono tutte già fuori dalla Siria, in fuga, nonostante il suo ufficio abbia provato a smentire le voci, affermando che si trova ancora a Damasco. Secondo fonti informate alla Bloomberg sarebbe invece a Teheran, pronto a trattare anche per un esilio sicuro.
“Non è in nessuna parte della capitale”, hanno rilanciato anche alcuni media Usa, mentre qualcuno non esclude possa essere anche a Mosca. A Doha, in Qatar, intanto si è svolta l’attesa riunione cui hanno partecipato i ministri degli esteri di Russia, Iran e Turchia. Nelle stesse ore, ma prima che il presidente eletto americano Donald Trump affermasse che non è interesse di Washington farsi coinvolgere nel conflitto siriano, si è riunito nella capitale sul Golfo il quartetto di Paesi occidentali molto vicini a Israele: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania.
E secondo fonti presenti alla riunione, a cui hanno partecipato rappresentanti dell’Ue e l’inviato speciale Onu per la Siria, Geir Pedersen, dall’incontro è emersa la volontà occidentale di avviare a Ginevra, la settimana prossima, un processo di transizione politica post-Assad che eviti nuovi spargimenti di sangue e allontani lo spettro del collasso dello Stato siriano (distinto dal regime) mettendo allo stesso tavolo tutte le parti coinvolte: gli esponenti del sistema-Assad ma non direttamente collusi col presidente e col fratello Maher (a capo della guardia dei pretoriani e considerato vicino agli iraniani) e gli esponenti dell’avanguardia dell’offensiva militare, il gruppo armato Hayat Tahrir ash Sham, guidato dal leader ed ex capo di al Qaida in Siria, Abu Muhammad al Jolani.
Nonostante Hts sia definito da anni un “gruppo terroristico” da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, in Svizzera potrebbero arrivare esponenti di sigle minori ma di fatto legate a Jolani, così da non imbarazzare le cancellerie occidentali. Senza più il sostegno di Mosca, la struttura militare e politica della Siria degli Assad si è di fatto squagliata come neve al sole. Gli ultimi sussulti di resistenza lungo l’asse Aleppo-Damasco si sono visti a Homs, crocevia del Paese e porta di accesso per la regione costiera, dove la Russia mantiene la base navale di Tartus e quella aerea di Latakia, entrambe sul Mediterraneo.
E’ la stessa regione in cui i transfughi del regime, molti dei quali appartenenti ai clan sciiti-alawiti originari della regione costiera, si stanno arroccando in attesa di un negoziato. Intanto a Damasco gli insorti sono riusciti a raggiungere le tristemente note prigioni politiche del regime di Adra e Saydnaya, dove sono rinchiusi, tra gli altri, migliaia di prigionieri di coscienza, dissidenti, attivisti, oppositori. Molti di questi sono stati dati per scomparsi da anni, altri ancora non vedono la luce dagli anni ’80 del secolo scorso. (ANSA).